venerdì 16 maggio 2008

Doloro loquace, o dolor che tace?

"…e se non ci pensa la giustizia li ammazzo io!"
Sono stato fino all’ultimo combattuto: una parte di me voleva scrivere questo post, un'altra parte mi induceva ad una riflessione più intima.
Trasmissioni televisive, dibattiti con finti esperti di disagio giovanile, giornalisti che snocciolano freddamente i dati sulla dispersione scolastica, e altri che dicono e ridicono -quasi a rafforzare la realtà- le stesse cose, con le stesse descrizioni, facendo vedere le stesse immagini.
Da tutte queste riflessioni emerge una famiglia, una ragazza, un branco e un paese: Niscemi.
Non sto qui a dire cosa sia successo, sarebbe intempestivo, inopportuno e irrispettoso, ma quelle parole pronunciate dalla mamma di Lorena mi hanno lasciato davvero stupito, mi hanno colpito come una pioggia di acqua gelida nel sonno!
E non mi hanno colpito per la durezza delle parole, mi hanno colpito perché è esattamente ciò che io avrei detto!
Adesso si discute nei salotti buoni.
Gente a cui hanno appioppato provvisoriamente il titolo di esperti disquisisce sulla devianza minorile, sul disagio che colpisce i giovani, disagio che viene amplificato molto di più quando il paese in questione è un paesello di provincia, un paesello di gente che lavora spaccandosi la schiena nei campi, e, soprattutto, un paese del sud Italia.
Della Sicilia.
Quattro famiglie distrutte.
I genitori di quei tre ragazzi che si dicono stupiti e sorpresi dell’atto compiuto dai loro figli (ammesso che l’abbiano compiuto, sarà la magistratura a stabilirlo), genitori uguali a tanti altri, uguali a tutti quei genitori che non hanno tempo per sapere dove vanno i loro figli, cosa fanno, che pensieri hanno. Genitori troppo presi dalla vita quotidiana per occuparsi dei problemi dei loro figli, troppo presi dal portare il pane a casa e far vivere dignitosamente quei figli che adesso stentano a riconoscere. Genitori assenti e distratti quando il figlio richiamava la loro attenzione, genitori che credevano bastasse una semplice pacca sulla spalla ogni tanto, una semplice carezza, un semplice rimprovero per mettersi la coscienza a posto con il ruolo di papà o mamma. Genitori che rivedono l’infanzia dei loro figli e, pur riconoscendo di essere stati un po’ distanti, si ripromettono di star loro più vicini da adesso in poi, per recuperare il tempo perduto.
E lo ripetono tutte le volte…
Genitori che quando si accorgono del sorriso disarmante che il loro figlio può regalargli, si fanno venir meno le gambe e lo portano a pensare: “ma dove sono stato io fino adesso”?
Genitori… come me!
Tutte le analisi fatte da esperti, da psicologi, da educatori, non bastano più a spiegare certe cose, queste cose, questi atteggiamenti, questa mancanza di attribuzione di valori a ciò che di valore ne ha immensamente: la vita!
"Ci da fastidio? Ammazziamola!
"
Davvero c’è una teoria che riesce a spiegare tutto questo? Davvero ci sono trattati di psicologia che arrivano a spiegare questo? Davvero si può racchiudere tutto dicendo “è tutta colpa della società, della televisione, del disagio giovanile, dei genitori, della scuola?"
No, non credo.
Io non ce l’ho una spiegazione.
Siamo convinti che queste sono cose che succedono sempre agli altri, mai a noi!
Li vediamo così distanti da noi che tutto quello che possiamo fare è farci una opinione, sentire le notizie, esternare la nostra razione quotidiana di indignazione, e dopo rimettersi a fare esattamente ciò che si faceva un minuto prima!
Fino alla prossima indignazione! O fino a quando tocca a noi!
Sono stato combattuto fino all’ultimo se scrivere questo post o tenermi tutto dentro, se esternare le mie sensazioni o scegliere di parlarne anch’io come tutti stanno facendo. Se conservarlo intimamente o condividere i miei pensieri.
Alla fine sono arrivato ad un compromesso: ho deciso di esternare ciò che sento, ma vi prego… non commentate questo post!
Il dolore leggero è loquace; il profondo non parla, ma tace!

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